Una delle mie passioni, oltre che aver scelto di farne la mia professione, è studiare e scoprire con curiosità come funzioniamo e quali meraviglie di noi il più delle volte non ci rendiamo conto di ignorare. Il tempo mi ha invero insegnato che c' è la possibilità, più spesso che raramente, meglio se fosse sempre, da parte nostra, di mostrare maggior compassione verso la nostra natura, il nostro funzionamento e la complessità che rappresentiamo e che ci rappresenta. Ho usato il termine compassione che a prima vista può sembrare insolito in ambito psicologico o comunque di ricerca scientifica. Ma se ci soffermassimo non tanto sul termine quanto sul "paesaggio" gestuale che esso simbolizza troviamo una delle chiavi di lettura per iniziare a prendere confidenza con il nostro più intimo funzionamento. Compassione è composta da "con", dal latino "cum" che sta per "insieme" e passione, da "pathos" inteso come stato d' Animo, emozione, e per allargamento semantico, sentimento; compassione potrebbe essere tradotta come "sentire con". La compassione così può descrivere quella disposizione interiore alla partecipazione empatica al sentire altrui con il desiderio di saperlo più felice; allo stesso tempo la compassione può orientarsi anche verso se stessi assumendo il termine di autocompassione. Può sembrare che tale termine richiami primariamente una tendenza comportamentale ammantata di bontà e sensibilità, il che effettivamente può certamente contenerlo ma non essere ridotto solo a ciò. Sentire insieme non comporta che il compiere questo atto, sebbene interiore, sia mosso solo da un fine etico-morale, ma conduce a maturare un' abitudine allenabile che permette di rafforzare e raffinare la rete di connessioni sia fra individui che all' interno dell' individuo stesso. Nel caso di un partecipare alle proprie sensazioni ed emozioni si realizza una sorta di circuito ad anello dove le risposte date dal corpo e dal sistema (le passioni, rappresentate dalle emozioni o dagli stimoli rilevati giungenti dal corpo) vengono prontamente accolte dalla nostra vita mentale, dal nostro presente di consapevolezza che rimanda alla fonte fenomenica di sensazioni ed emozioni un segnale di ritorno come a dire "Ti ho sentito!!!"...l' Io testimone e monitorante (non controllante) ha ascoltato, non solo sentito, e preso atto che il corpo e le sue costituenti hanno detto qualcosa, inviato messaggi; questo processo di ascolto è al tempo stesso un processo fisiologico che risiedendo nel corpo viene rimandato indietro come altro segnale prontamente grazie alla circuiteria del nostro sistema nervoso. Ascoltare quindi non è passività ma è un attività riflessiva, nel senso di flettere il segnale nuovamente indietro ma elaborato.
Riprendendo il discorso iniziale mi sento di dire: quanto conosciamo delle nostre potenzialità se non ci soffermiamo ad ascoltare, a registrare, a maturare familiarità con le nostre peculiarità comportamentali e fisiologiche? Quanto siamo confidenti nel dire di noi stessi che saremmo o no capaci di far una cosa oppure un' altra o azzardare una valutazione del potenziale umano solo perchè mai qualcosa è stata realizzata? Si potrebbe obiettare con un dubbio lecito: ma ascoltare cosa? All' inizio anche io mi sono posto questa domanda perchè se non conosci una lingua è difficilissimo distinguere il rumore da un suono portatore di significato. Ma iniziare a riconoscere le ricorrenze, le caratteristiche che ritornano, le tipiche risposte che avvengono dopo un evento, sono tutti fenomeni che ci permettono di fare luce sul caos iniziando ad organizzare i percetti in senso ed eventualmente in significato.
Una delle cose più strabilianti che mi ha offerto lo studio della psicologia ed in particolare dei correlati psicologici, fisiologici e (mi sia concesso) metafisici della meditazione basata sull' attenzione e la coltivazione dello stato di mindfulness è che con la pratica disciplinata e continuativa si può dar avvio a nuove modalità di sentire e riconoscere eventi interiori, inizialmente squisitamente fisici e poi legati a dinamiche emozionali, che prima mai avevamo sentito, forse perchè mai incontrati, o forse semplicemente perchè il nostro stato interiore e disposizione comportamentale non ne offriva spazio d' ascolto (e forse non sapevamo che potevamo ascoltare) ne la possibilità di emergere. Così potremmo dire, in totale onestà, alla luce di questo discorso, che sappiamo molto poco delle nostre possibilità, delle nostre capacità e potenzialità se non ci siamo mai investigati appropriatamente. Molto importante, una volta capito questo, è sapere che ogni atteggiamento basato non tanto e solo sulla fiducia di riuscire ma anche e soprattutto sulla nostra pronta disposizione interna di autoascolto, è possibile trasformarlo e renderlo non più soltanto una conseguenza di precedenti vittorie o sconfitte ma anche un precursore di nuove esperienze. Scoprire che una cosa che si è sempre fatta in un modo potrebbe non essere l' unico sistema per raggiungere un obiettivo è fonte di liberazione, meraviglia e soddisfazione oltre che un esprimersi in modo rinnovato che coinvolge tutta la nostra identità. Così maturare compassione è al tempo stesso scegliere di ascoltarsi con cura ed attenzione sapendo che influenzeremo tutto il nostro meccanismo psicofisiologico che porta ad un più felice funzionamento dell' intero sistema. La pratica mindfulness di anapanasati, basata sul respiro, oppure samatha, meditazione su un punto o vipassana, di concentrazione profonda, sono molto più che un sistema esotico per portare equilibrio nelle condizioni di stress; sono pratiche per promuovere la trasformazione in profondità non solo psicologicamente grazie ad una calma interiore più pronunciata ma anche favorendo una trasformazione fisica dei vari distretti del corpo mediati dal sistema nervoso. Esistono strutture cerebrali atte a favorire una più solida e continuativa attenzione, allenabili con la pratica, come esistono strutture cerebrali atte a raccogliere le informazioni dei vari organi del corpo e dei visceri e integrarli con le aree deputate all' elaborazione sensoriale esterna, psicologica, cognitiva ed emotiva per costruirne un percetto più organico e sinergico formulando la giusta risposta motoria o la continuità attenzionale. Il solo fatto di attenzionare una parte del corpo, per esempio immaginare di accarezzare l' alluce, attiva la zona della corteccia somatosensoriale che rappresenta l' alluce, cosìcchè la sola immaginazione crea un'attivazione cerebrale come se l' alluce fosse davvero stato sfiorato. Allo stesso modo "ascoltare" il proprio respiro, attenzionare al movimento della gabbia toracica o anche solo guardare il battito del cuore su uno schermo del pc può influenzare la risposta fisiologica e col tempo riorganizzarla e maturare una diversa disposizione, un vero e proprio apprendimento. Così con compassione non descriviamo solo il "volersi bene" in senso romantico ma anche l' attitudine ed atteggiamento di partecipazione a se stessi con presenza e realizzare la nostra trasformazione con protagonismo e responsabilità divenendo artefici del nostro cambiamento e del nostro benessere. In questo senso essere compassionevoli è atto di profonda integrazione con noi stessi e di conseguenza anche con gli altri. Compassione come attenzione ed intenzione.
Con gratitudine.