...ma stare nel presente, seppur in linea di principio è vero che può essere/divenire un dono, rappresentando una via autorevole per entrare in contatto con un corredo fenomenologico di risposte interiori non sempre risulta di facile gestione.
Facile dire "stare nel presente è un dono" ma sfido chiunque a vivere questa disponibilità d' animo con immediata fluenza e senza contraccolpi.
Perchè dico questo? Facciamo un esempio chiedendo in prestito alla psicoterapia alcuni passaggi che durante le sedute possono emergere. Una persona può chiedere aiuto ad un professionista per qualche equilibrio vacillante, o una armonia interiore perduta o un profilo comportamentale francamente disfunzionale sentito come spiacevole e occludente la bellezza delle esperienze di condivisione e di esplorazione della vita. In terapia si può raccontare la propria vita, ripercorrere sentieri del passato, relazioni con persone che creano nuovo dolore e rinnovano sentimenti che volentieri terremo in un ripostiglio mentale al buio della tanto sperata dimenticanza. Affrontare questi stati d' animo, queste memorie, è assai doloroso e penoso. Restare in gioco dinnanzi ad uno sconosciuto come può essere un terapeuta i primi incontri è esso stesso angosciante, rivivere la delusione, il terrore di non esser capito o "visti" sono sufficienti deterrenti per pensare ad altro, e spesso non è una scelta del tutto conscia. Figuriamoci se tutto questo fosse condotto in solitudine, senza una persona che possa guidare alla riconciliazione con questi o altri vissuti interiori, non fosse altro che anche solo l' idea di stare al cospetto di abituali sensazioni che insorgono in noi prima, durate e dopo certe dinamiche rendono il tutto una scelta da mettere "in coda".
La psicoterapia non è l' unico sistema per imparare a stare nel presente. In realtà come ho suggerito nel precedente post sono varie le pratiche meditative che possono aiutare ad apprendere a restare in contatto con noi stessi, nel qui ed ora, e moltissime esperienze di arte e musica offrono occasione per ricongiungerci con il proprio flusso di esperienza.
La psicoterapia, a mio avviso però, al netto dei diversi stili con cui è proposta e delle diverse modalità di conduzione e dell' alleanza terapeutica che progressivamente e felicemente viene maturata, permette di integrare l' aspetto implicito del vissuto interiore, cioè l' esprimersi immediato e senza troppe resistenze rendendolo esplicito, cioè progressivamente, prendendone consapevolezza avendone timore gradatamente in misura sempre più contenuta (almeno a livello conscio), e meno imbarazzo verso se stessi e delle possibili impressioni suscitate nel prossimo. Attraverso il dialogo fra paziente e terapeuta, verbale e non verbale, il confronto e lo scambio possono mostrarsi e offrirsi occasioni uniche per digerire il proprio funzionamento rendendolo via via più disponibile alla consapevolezza.
Non possiamo non considerare che in questo processo grande contributo lo offre la personalità, la maturità e la disponibilità del terapeuta. Questi attributi, spesso sul confine fra la dimensione conscia ed inconscia, fra esplicito e implicito sono, non senza sofferenza e impegno, sviluppati prima di tutto attraverso un lavoro personale, in cui il terapeuta imparava e continua a imparare ad accogliere se stesso, confrontandosi con i propri meccanismi inconsci e impliciti, la propria ombra direbbe Jung, mettendosi in gioco nella dinamica con il o i propri terapeuti e con se stesso, accogliendosi e da li, proprio nell' accoglienza condivisa e nella compassione, prendere atto del dono di sè.
Può porsi, con umiltà ed empatia, a sua volta come accompagnatore, come disponibile contenitore, predigestore e testimone delle trasformazioni delle dinamiche del paziente,
La costituzione "funzionale" biopsicoenergetica, come la psicosintesi con saggezza illustra attraverso l' ovoide o la stella delle funzioni, alla base del comportamento di ogni individuo, è molto più complessa di quanto sia possibile, sia pur con grande determinazione e assertività, affermare di conoscere attraverso la sola propria esperienza immersa nel flusso vorticoso del divenire quotidiano. Ciò non significa che non sia possibile prendere atto del proprio funzionamento e liberarsi dalle morse degli schemi e delle abitudini. Il complicato, a mio avviso, sta nel rendersi conto quando si attivano quei nostri processi interni, automatici e meccanici, frutto di esperienze reiterate e più volte addestrate, che ci portano ad agire e reagire ad una certa situazione, scelte che a differenza del significato etimologico (ex legere, dopo la lettura) non lo sono state ma vengono sostituite da agiti immediati dove talvolta i pensieri sono essi stessi degli agiti senza riflessione a cui aderiamo con fiducia; occorre esser certi che ci si renda conto se quella situazione è una di quelle che solitamente conduce ad un certo tipo di conseguenza, che molte volte può sfociare in delusione o dispiacere o di quell' atteggiamento di sufficienza e che fa dire "tanto ormai...".
Il presente è così una lenta conquista partendo da piccole dosi, anche pochi minuti al giorno. Ai miei pazienti mi capita di consigliare di partire con un minuto (perchè trenta sarebbero non dico impossibili ma quanto meno difficili da reggere). Un minuto è poco, è vero! Ma non è oggi che risolveremo tutto ma è oggi che iniziamo a trasformare, con delicatezza, dolcezza e rispetto il nostro repertorio comportamentale partendo dalla sorgente che è in noi e accogliendo piano piano ogni fenomeno interiore che emerge e senza timore, paura, o disorientamento osservarlo e ridargli senso e magari significato. E' nel dialogo con se stessi, scrivendo le impressioni e drenando ciò che avviene convogliando intenzioni e considerazioni, restando disponibili a testimoniare quanto succede, anche con la pelle d' oca o la voglia di fuggire ma curiosi di sapere cosa avverrà nel successivo istante. Certo con una persona formata professionalmente il processo può essere maturato con maggior fluenza ma non è obbligatorio. Siamo esseri complessi e in noi risiedono, stagionano e possono trasformarsi tutte le dinamiche rinnovando il nostro modo non solo di funzionare ma anche di essere presenti a pertecipi al funzionamento e ad un certopunto anche al dialogo con quelle parti che ancora non vediamo ma che sappiamo esserci in noi. E' con questo atto di presenza e testimonianza che lentamente ci riprendiamo il diritto di essere attori del nostro cammino, consapevoli che non tutto è controllabile ma che qualcosa è direzionabile, osservando un passato che via via si ripresenta per trasformarlo con autorevolezza e vivendo un futuro nel presente sempre più partecipato.
Con gratitudine